SECONDA LETTURA
Dall’«Omelia sulla Pasqua» di un antico autore
(PG 59, 723-724)
La Pasqua spirituale La Pasqua che noi celebriamo è causa di salvezza per tutti, a cominciare dal primo uomo che è salvato e vivificato in tutti. Le cose imperfette e temporanee di un tempo, così come le antiche immagini e i simboli delle cose eterne, erano destinate ad adombrare quella verità, che attualmente si è compiuta. Ora che la verità è divenuta presente, il simbolo deve cederle il posto.
Accade come quando, arrivato il re, nessuno trascura il re vivo per inchinarsi ancora davanti ad una sua immagine. Da questo appare chiaro quanto il simbolo sia inferiore alla verità, perché il simbolo ricorda la breve esistenza dei primogeniti giudei, la verità, invece, la vita eterna di tutti gli uomini.
Non è gran cosa sfuggire alla morte per breve tempo per colui che è destinato a morire poco dopo, ma è certamente gran cosa sottrarsi del tutto alla morte, come è accaduto a noi per Cristo, per noi sacrificato come nostra Pasqua.<
Il tempo della Pasqua e della salvezza dei primogeniti era considerato inizio dell’anno. Cosa significa ciò sul piano mistico? Che anche per noi il sacrificio della vera Pasqua segna l’inizio della vita eterna. L’anno poi è il simbolo del mondo, perché è come il circolo che, nel suo girare, ritorna costantemente su se stesso senza trovare termine in nessun punto.
Il padre del mondo futuro, Cristo, venne sacrificato per noi quasi per annullare il tempo della nostra vita passata, e farcene incominciare una nuova. Infatti mediante il lavacro di rigenerazione ci ha resi partecipi della sua morte e risurrezione. Perciò chiunque è veramente consapevole che la Pasqua venne immolata per la sua salvezza, consideri inizio della sua vita il momento in cui Cristo si è sacrificato per lui. Riconosca fatta a suo beneficio quell’immolazione. Prenda coscienza e capisca che la vita e la grazia gli sono state conquistate a prezzo di un simile sacrificio.
Conosciuto dunque questo, si affretti a inaugurare una nuova vita, e non ritorni più a quella vecchia e sorpassata. Infatti «Noi che già siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere nel peccato?» (Rm 6, 2).