LITURGIA E CATECHESI NELLA CARITA’

Trascrizione della catechesi su Liturgia e carità, da me tenuta nel Corso per Evangelizzatori. Tra i documenti, oltre a quelli conciliari, ho attinto dal testo sulla Liturgia e Carità, di Note pastorali giovanili

La seguente trascrizione non è stata seguita alla lettera, perché come spesso succede lo Spirito Santo suggerisce altro….ma può essere di aiuto per fare il punto di alcune situazioni. Molto utile il sito Gli scritti, con una sezione riguardante Liturgia e carità

Cominciamo questo incontro trattando due due punti fondamentali: credo ma non vado a messa: l’importante è fare del bene?
Vi sono dei discorsi che si ripetono ormai continuamente nel linguaggio comune:  le persone che si stanno allontanando dalla pratica sacramentale, l’elogio degli atei, visti migliori di molti credenti, sono molti coloro che ripetono la frase : non c’è bisogno di andare a messa, basta fare del bene. E’ una sfida a cui noi catechisti siamo spesso chiamati, e siamo divisi tra il rispetto per la spiritualità altrui, e il parlare della nostra fede. Chiediamoci allora, in questo nostro incontro: che rapporto c’è tra catechesi, carità, la liturgia? Si può fare una catechesi che corrisponda al messaggio di Cristo, quindi al Vangelo, senza l’una o l’altra? La risposta è no. Nessun percorso di fede, nessuno, può prescindere dalla dimensione liturgica e caritatevole.
Aprendo il catechismo della Chiesa Cattolica, notiamo innanzitutto come vi sia una quadripartizione, che
riflette quella che un percorso di fede, quadripartizione a cui i catechisti devono fare molta attenzione: 
nella Parte prima abbiamo il titolo Io credo-Noi crediamo, punto di partenza per una vita di fede, in quanto
si impara a credere in ciò che crede la Chiesa: nella seconda parte, oltre ad analizzare il Credo, il credente riceve nella liturgia la grazia di essere figlio di Dio, attraverso i sacramenti, che appunto troverà spiegati nei particolari. Nella terza parte troviamo i Comandamenti: la vita nuova, accompagnata dalla grazia, vita che deve presentare un vangelo incarnato, quotidiano, che trova un aiuto per discernere l’Amore dal peccato. La catechesi comporta la formazione cristiana della coscienza morale, del bene da fare e del male da evitare.
Nella quarta parte il credente viene aiutato a riflettere nel suo rapporto con Dio attraverso la preghiera: può chiamare Dio Padre nostro, in comunione con gli altri fratelli battezzati, per una sua elevazione spirituale, per meglio crescere in un cammino di santità, a cui tutti siamo chiamati. Abbiamo fatto questa doverosa premesse, per indicare che l’adesione ad un credo (primo passo) prevede comunque una grazia sacramentale, una vita cristiana in cui fare discernimento tra bene e male, una relazione con il Padre, da coltivare con la preghiera.

Qualsiasi percorso di catechesi non può prescindere dalla liturgia: che cosa significa questa parola?
Vediamo innanzitutto la parola in sè: la parola greca leiturgia – λειτουργία (verbo: leiturgéin – λειτουργείν) è composta dal sostantivo érgon – έργον (= opera) e dall’aggettivo léitos – λέιτος (= attinente il popolo; derivato da leós – λεóς, ionico laós – λαóς = popolo). Tradotto letteralmente leiturgia – λειτουργία significa quindi opera-del-popolo.
Il Catechismo spiega molto bene il significato di questa parola:
1069 Il termine « liturgia » significa originalmente « opera pubblica », « servizio da parte del popolo e in favore del popolo ». Nella tradizione cristiana vuole significare che il popolo di Dio partecipa all’« opera di Dio ».4 Attraverso la liturgia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote, continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l’opera della nostra redenzione.

Leggiamo nel Vangelo:  Gv 17,4  Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’ opera che mi hai dato da fare.
Qual è la parola (in italiano, ovviamente) relativa al termine liturgia, così come abbiamo appreso essere composto? (risposta ergon, opera)
Rileggiamo il catechismo: Attraverso la liturgia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote, continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l’opera della nostra redenzione. 

Rendiamoci conto di questa ultima frase: la redenzione, l’opera di redenzione è continuata attraverso la liturgia!

1070Il termine Liturgia,  nel Nuovo Testamento è usato per designare non soltanto la celebrazione
del culto divino, [Cf At 13,2; Lc 1,23 ] ma anche l’annunzio del Vangelo [Cf Rm 15,16; Fil 2,14-17; 1070 Fil
2,30 ] (la Parola) e la carità in atto [Cf Rm 15,27; 1070 2Cor 9,12; Fil 2,25 ]. 

In riferimento a questi tre ambiti vi do soltanto tre versetti, perché le citazioni neotestamentarie abbondano:

Atti 13,2 Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: “Riservate per me Barnaba e Saulo per l`opera (ergon) alla quale li ho chiamati”
Romani 15, 16 annunzio del Vangelo: 15,16 di essere un ministro (leitourgos, ) di Gesù Cristo tra i pagani, esercitando l`ufficio sacro del vangelo di Dio perché i pagani divengano una oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo.
Fil 2,25 Per il momento ho creduto necessario mandarvi Epafrodìto, questo nostro fratello che è anche mio compagno di lavoro e di lotta, vostro inviato (leiturgos)  per sovvenire alle mie necessità.

Quindi viene a cadere un primo mattone: se qualcuno vi dice che fa quello che dice il Vangelo senza andare in Chiesa, si faccia notare che il Vangelo dice anche di riunirsi tra fratelli per ascoltare la buona notizia, celebrare l’eucarestia, e sopperire alle necessità dei fratelli
Il Signore stesso viene definito “Liturgo”, in Ebrei 8,2 “ministro del santuario e della vera tenda, che il Signore, e non un uomo, ha costruito”. Molto lentamente questo termine si è ristretto fino ad indicare la celebrazione eucaristica.
Domando ai catechisti:  qual ‘è la Costituzione Conciliare che si è occupata, nel vaticano secondo, della liturgia?
Bene, appurato che stiamo parlando della Sacrosantum Concilium, leggiamo il paragrafo 7:
“Giustamente perciò la Liturgia è considerata quell’esercizio dell’ ufficio sacerdotale di Gesù Cristo, mediante il quale con segni sensibili (ritualità, dunque gesti, preghiere, canti, simboli,) viene realizzata la
santificazione dell’ uomo, e viene esercitato dal Corpo Mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue
membra, il culto pubblico . Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun’ altra azione della Chiesa ne uguaglia
l’ efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado” [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 7].
Specifichiamo nella tradizione cristiana, perché esistono anche liturgie laiche, intese proprio come atti rituali, che hanno un determinato simbolismo, gesti, frasi, azioni…pensiamo alla liturgia dello stadio: fischio d’inizio, stretta di mano… la hola, l’inno, la bandiera…La ritualità ha sempre fatto parte della cultura umana, ed è studiata a livello antropologico, sociale, psicologico. Torniamo alla nostra fede.
Per mezzo della liturgia «si effettua l’ opera della nostra redenzione» (Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 2). Pertanto, come fu inviato dal Padre, Cristo ha inviato gli Apostoli a predicare la redenzione e ad «attuare l’ opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica» (ibid., 6 ) La liturgia GRAVITA INTORNO AL SACRIFICIO DI CRISTO, ALLA SUA PAROLA, AI SACRAMENTI.

Sottolineiamo questo estratto della Sacrosantum Concilium: “per mezzo della liturgia si effettua l’opera della
nostra redenzione“. Non stiamo parlando di devozione, o un modo per passare la domenica, o di
un’abitudine culturale: attraverso la liturgia, atto pubblico, comunitario, viene operata un’opera di
redenzione. Da qui, capiamo come il grande divario tra quella che viene definita “fede personale” e pratica
sacramentale non permetta una crescita spirituale. Colui che afferma: credo ma non pratico, in realtà non
crede che Cristo operi salvezza attraverso la Chiesa e l’azione liturgica, e quindi sviluppa un’ autoreferenza
perniciosa per la propria vita spirituale. Si ha un germe di fede, sicuramente, germe di dono che non è stato
sviluppato…non secondo la fede cattolica. Sicuramente il divario tra catechesi e partecipazione liturgica è uno dei grandi “drammi” della vita spirituale moderna: e scendendo ancora più a fondo nella catechesi, si
vive un percorso catechistico non come membro del popolo di Dio che partecipa alla vita comunitaria,
liturgica, ma come una serie di lezioni da seguire per avere il premio….matrimonio, cresima, o altro…Ecco
perché la catechesi permanente degli adulti riveste importanza fondamentale in ogni comunità
parrocchiale, perché sgancia il percorso di “istruzione” catechetico dallo scopo finale, visto come…premio!
Non vi è vita vera in Cristo senza la celebrazione liturgica: si possono fare anni di catechismo…ma senza la
dimensione liturgica, rischia di rimanere un bel ricordo e nulla più.

Questa «opera di Gesù Cristo», perfetta glorificazione di Dio e santificazione degli uomini, è il vero
contenuto della liturgia. E’ d’obbligo citare Papa Benedetto XVI:
Pasqua significa inseparabilità della Croce e della Risurrezione […]. La Croce sta al centro della liturgicristiana, con tutta la sua serietà: un ottimismo banale che nega la sofferenza e l’ ingiustizia nel mondo e riduce l’ essere cristiani all’ ;essere cortesi non ha nulla a che fare con la liturgia della croce. La redenzione è costata a Dio la sofferenza di suo Figlio, la sua morte, e l’“exercitium” della redenzione, che, secondo il testo conciliare, è la liturgia, non può avvenire senza le purificazioni e le maturazioni che vengono dalla sequela della croce» (J. Ratzinger / Benedetto XVI, Teologia della liturgia, LEV, Città del Vaticano 2010, pp. 775-776). (da Perché la liturgia?)
“La Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell’ Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce” (Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, 14).” La Chiesa vive di questa presenza e ha come ragion d’ ;essere e di esistere quella di diffondere tale presenza
nel mondo intero» (Benedetto XVI, Discorso del 15.04.2010).

Questa è la meraviglia della liturgia che, come ricorda il Catechismo, è culto divino, annuncio del Vangelo e carità in azione (cf. CCC, 1070). È Dio stesso che agisce e noi siamo attratti da questa sua azione, per essere
trasformati in Lui. (si, ma quel prete non mi piace tanto…c’è Cristo lì! Si ma il coro…c’è Cristo! Si ma la chiesa…c’è Cristo!!)
Capiamo quanto è importante educare alla sana partecipazione alla liturgia, aiutare a cogliere il senso della liturgia? In ogni sua componente??

In un percorso di catechesi bisogna educare i fedeli a conoscere l’anno liturgico, i segni sensibili, i
paramenti, le festività: la catechesi aiuta anche a valorizzare le espressioni di fede della pietà popolare. La
pietà popolare. Cito Evangelii Gaudium “Per capire questa realtà c’è bisogno di avvicinarsi ad essa con lo
sguardo del Buon Pastore, che non cerca di giudicare, ma di amare. Solamente a partire dalla connaturalità
affettiva che l’amore dà possiamo apprezzare la vita teologale presente nella pietà dei popoli cristiani,
specialmente nei poveri. Penso alla fede salda di quelle madri ai piedi del letto del figlio malato che si
afferrano ad un rosario anche se non sanno imbastire le frasi del Credo; o a tanta carica di speranza diffusa
con una candela che si accende in un’umile dimora per chiedere aiuto a Maria, o in quegli sguardi di amore
profondo a Cristo crocifisso. Chi ama il santo Popolo fedele di Dio non può vedere queste azioni
unicamente come una ricerca naturale della divinità. Sono la manifestazione di una vita teologale animata
dall’azione dello Spirito Santo che è stato riversato nei nostri cuori (cfr Rm 5,5).”
Tornando alla la liturgia non racconta la passione, ma fuoriesce dalla parola narrata per entrare nella vita di
Cristo. Solo la Liturgia consegna all’uomo la Parola vivente, Gesù Cristo. Ha scritto Umberto Betti,(ha
collaborato molto alla Lumen Gentium) cardinale : «Una cosa è raccontare l’istituzione e la celebrazione dell’eucarestia; altra cosa è celebrarla e parteciparne. Il racconto rimane sul piano storico e nozionale; la
celebrazione ne dà esperienza spirituale e conferisce la grazia che salva»[13]. (U. Betti, La trasmissione della divina rivelazione, in La costituzione dogmatica sulla divina rivelazione, Torino-Leumann, 1967, p. 234.,  )
I gesti nella Santa Messa: alzarsi, inginocchiarsi, essere seduti…tutto ha un senso, e nella catechesi è importante educare il fedele al profondo significato di ogni singolo gesto. Niente è compiuto a caso. La domeniche rosa non sono domeniche dedicate alle donne….e tu la festeggi anche se ti hanno fatto la multa! Capisci il totalmente altro? Il cattolico, nel nuovo anno liturgico si fa gli auguri!
Anche la Liturgia ha una dinamica propria che la conduce verso gli ambiti di vita, innanzitutto invitando alla festa. Ora capite bene che il concetto stesso di festa, di riposo, è cambiato notevolmente nella nostra società, mettendo in crisi appunto il concetto di festa! Non oblio dal lavoro, ma fare di quel giorno una festa di celebrazione della salvezza. Non si fa festa, se non esiste un motivo per gioire, se non esiste una salvezza da celebrare, un evento che rende nuova la vita. Vediamo come la crisi di fede, va di pari passo con una diminuita partecipazione alla liturgia domenicale.

Proprio La Liturgia libera la catechesi dal rischio dell’intellettualismo a cui la sola Parola potrebbe condurla. Se certamente si ha bisogno di comprendere, egli ha soprattutto bisogno di fare “esperienza” di Dio. L’odierna insistenza sulla dimensione “esperienziale” della catechesi deve condurre a riscoprire che tale “esperienza” non solo raggiunge il suo culmen,  culmine nell’azione liturgica, ma ha in essa anche la sua fons….fonte. Non vi è vera catechesi esperienziale se non la si vive liturgicamente (noi le chiamiamo paraliturgie): diventa un’ottima animazione, un bell’incontro di catechismo, per parlare con il linguaggio della catechesi dei bambini. Non solo, sembra un controsenso ma ogni volta che la liturgia è posta in ombra la catechesi cessa immediatamente di essere “esperienziale” proprio perché , impedisce una reale esperienza di Dio e si allontana dal vissuto della gente, dalla vita reale ed ordinaria del popolo di Dio. (Per i bambini momenti celebrativi alla fine di ogni incontro permettono di trasformare in preghiera, riflessione, il messaggio ricevuto e la sua pratica. La preghiera, il canto, la riflessione hanno  la sua fonte nella vita vissuta! E’ fondamentale allora trasformare in preghiera, in segno, la realtà che si è vissuta a catechismo). 

Mi preme sottolineare, ma proprio tanto, come la carità prima di essere azione, è una virtù teologale: la
carità non è un’azione, ma una virtù teologale. Come virtù è un dono, non una serie di buone azioni. San Paolo ci ricorda in Corinzi 13 che perfino una buona azione, senza carità, non è amore cristiano. Come dono va coltivato. Va offerto…Va chiesto!!!! Quindi la carità cristiana si nutre dell’eucarestia, il massimo dono! Con Cristo per Cristo e in Cristo si ama il povero, il ricco, il bisognoso, il coniuge, tutto l’ambito umano, perché solo Cristo è amore incondizionato, meta così difficile da raggiungere, senza i sacramenti, senza la grazia, il Vangelo. Ecco dunque che la carità va innanzitutto coltivata come dono interiore, rafforzandolo con la preghiera, la santa messa, la comunità. Da questo “sole” nascono poi quei raggi che permettono al cristiano di scaldare ogni ambito della propria vita con la luce di Cristo, compresa l’assistenza materiale vera e propria. Se tu non hai la carità come virtù teologale fai come alcune persone che, (sentite per esperienza) vanno alla caritas per aiutare i poveri e poi li trattano con sufficienza, con disprezzo, o magari quando escono gliene dicono di tutti i colori….Capiamo allora l’importanza di vivere la carità come virtù teologale, come dono, come fonte prima di tutto interiore di amore?
Ora vi presento un rischio molto, molto diffuso: se noi assolutizziamo il piano sociale della carità, distaccandolo dal piano celebrativo, rischiamo di sentire inutile la liturgia perché facciamo dell’attività caritativa in sè culto, assorbito nella vita. In quel caso la carità non viene più mediata dalla fede, non è più cristologica, rischia di non essere più amore come Cristo mi ha amato, agape di Dio vissuto in Cristo.

Come superare dunque questi rischi di assolutizzazione? Con un’affermazione precisa e ineludibile: Cristo è il centro della liturgia cristiana e Cristo è la forma della carità. Cristo carità ci aiuta a capire che a volte anche un NO è carità!!!Il Cristo attestato dai vangeli,  Il Cristo che con il suo Spirito si situa al centro della liturgia è il rivelatore del Dio che è Agape, che è amore, e Cristo è la Charitas fatta persona. Vi leggo Deus caritas Est, paragrafo 25, di Papa Benedetto XVI:
“La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad
altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza” (Lettera enciclica
Deus caritas est, 25). Certamente, anche le opere caritative della Chiesa devono continuamente prestare
attenzione all’esigenza di un adeguato distacco dal mondo per evitare che, di fronte ad un crescente
allontanamento dalla Chiesa, le loro radici si secchino. Solo il profondo rapporto con Dio rende possibile
una piena attenzione all’uomo, così come senza l’attenzione al prossimo s’impoverisce il rapporto con Dio.”
Luciano Manicardi si esprime chiaramente in un articolo su Note di Pastorale Giovanile:

 La liturgia si deve ricordare che essa è sempre celebrazione della carità di Dio, pena il suo perdersi nelle nebbie del sacro e nella casistica del ritualismo, il suo finire nel formalismo e nel rubricismo. La testimonianza e la pratica della carità deve, da parte sua, ricordare sempre il fondamento teologico e cristologico della carità stessa, pena il suo inaridirsi e disperdersi nelle secche del protagonismo umano. La chiesa non è un’agenzia filantropica o un ente assistenziale, ma la narrazione della presenza di Dio tra gli uomini. La liturgia celebra la relazione che Dio ha intrattenuto e continua a intrattenere con l’umanità in Cristo, nello Spirito santo, e la carità è relazione con il prossimo e con Dio. La categoria della relazione è centrale nella liturgia come nella carità. Nell’economia cristiana l’essenza del culto non risiede nella ritualità, ma nella relazione con Cristo e pertanto è l’intera vita dell’uomo il luogo di culto: culto che dev’essere reale, personale, esistenziale, storico.

https://www.notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=6973:liturgia-e-carita&catid=170&Itemid=1008

 Lo vediamo, questo legame bellissimo, che vi intercorre? “L’essenza del culto non risiede nella ritualità, ma nella relazione con Cristo e pertanto è l’intera vita dell’uomo il luogo di culto: “culto che dev’essere reale, personale, esistenziale, storico.”  Altrimenti siamo andati a teatro….Porto all’altare il pane, il vino, la mia vita, offro e prendo nella mia vita. L’incoerenza di molti cristiani è la roccia dell’ateismo. Mons. Boccaccio, vescovo sabino, poi di Frosinone, dove morì, un santo uomo, disse una volta in u’omelia: 
“Tu devi portare qua sull’altare la tentazione che hai, i figli che ti preoccupano, la rabbia perché tuo marito o
tua moglie ti ha tradito: qua devi portare la tua vita, è quella che Cristo vuole trasformare!!!!”
Quale forme di carità possiamo attuare nella liturgia e nella catechesi?
Eucarestia e forme di carità (da note di pastorale giovanile)
La colletta: passare il bussolotto è una forma di carità, antichissima, non un gesto meccanico!
Fin dall’antichità l’eucaristia domenicale è legata a gesti di condivisione nei confronti dei poveri. In 1Cor
16,1-3

1 Quanto poi alla colletta per i santi, come ho ordinato alle chiese di Galazia, così fate anche voi. 2 Ogni
primo giorno della settimana ciascuno di voi, a casa, metta da parte quello che potrà secondo la prosperità
concessagli,
Paolo comanda di fare una colletta in favore dei poveri il primo giorno della settimana. Circa la pratica della
colletta voluta da Paolo per la chiesa di Gerusalemme, Benedetto XVI ha affermato: “Forse non siamo più in
grado di comprendere appieno il significato che Paolo e le sue comunità attribuirono alla colletta per i
poveri di Gerusalemme. … La colletta esprimeva il debito delle sue comunità per la Chiesa madre della
Palestina, da cui avevano ricevuto il dono inenarrabile del Vangelo. Tanto grande è il valore che Paolo
attribuisce a questo gesto di condivisione che raramente egli la chiama semplicemente “colletta”: per lui
essa è piuttosto ‘servizio’, ‘benedizione’, ‘amore’, ‘grazia’, anzi ‘liturgia’ (2Cor 9,12: Perché l’ adempimento
di questo servizio sacro non provvede soltanto alle necessità dei santi, ma ha anche maggior valore per i
molti ringraziamenti a Dio.
Sorprende, in modo particolare, quest’ultimo termine, che conferisce alla raccolta in denaro un valore
anche cultuale: da una parte essa è gesto liturgico o “servizio”, offerto da ogni comunità a Dio, dall’ altra è
azione di amore compiuta a favore del popolo. Amore per i poveri e liturgia divina vanno insieme, l’amore
per i poveri è liturgia.” (Benedetto XVI, Udienza generale del mercoledì, 1 ottobre 2008.)

Allora, quando passano la “bussoletta”, o il bussolotto, la cesta, la busta….rendiamoci conto che stiamo
veramente facendo un sacro servizio, gesto di carità…e se siamo catechissti, in qualsiasi ambito, diamo il
giusto significato spirituale che merita questo gesto.
Volevo porre alla vostra attenzione una forma di liturgia che è anche segno forte di carità: la Liturgia
penitenziale.
La riconciliazione è il primo ed elementare passo perché l’assemblea dei credenti possa, nella celebrazione
eucaristica, accogliere e manifestare l’agape di Dio. Insomma, una partecipazione autentica all’eucaristia
comporta che si sappia vivere con autenticità la carità nelle relazioni quotidiane. Quanto è difficile il
perdono? Quanto è difficile a volte, accettare di riconciliarci con Dio e col fratello?
Per questo è opportuno organizzare più spesso liturgie penitenziali sottolineando la riconciliazione con Dio
e comunitaria. Una forma liturgica e caritatevole, magari organizzate premettendo un momento di
riflessione, di esame di coscienza comunitario. E’ una proposta. E’ liturgia e carità insieme. A volte le liturgie
penitenziali sono, covid permettendo…io arrivo, ci sono i vari sacerdoti seduti nella chiesa, ci si confessa e
ce ne andiamo…Ecco sarebbe bello, periodicamente, dagli un’altra connotazione, un carattere di riflessione
comunitaria, fermo restando poi il sacramento.

Accoglienza e convivialità: oltre alle attività che può svolgere una parrocchia (di beni materiali) in cui
coinvolgere i membri della comunità, è importante che vi siano “agapi” frequenti: ricordiamo La convivialità
Come queste agapi possano essere organizzate, dipende da ciascuna parrocchia: covid
permettendo…Raccolta di cibo, pranzi comunitari, famiglie che ospitano persone sol. Bisogna educare
chiunque partecipi alle varie forme di catechismo, dall’infanzia all’età adulta, a partecipare alle varie
iniziative, facendo capire l’importanza del donare con amore, gratuitamente, una piccola goccia di bene,
che forma quel grande mare che è la solidarietà.
Faccio parlare la Bibbia, e san Giovanni Crisostomo, senza tanti commenti da parte mia

Lettera di San Giacomo

1Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi
personali. 2Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito
lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. 3Se guardate colui che è vestito
lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure:
«Siediti qui ai piedi del mio sgabello», 4non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi
perversi?
5Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano 16e uno di voi dice loro:
«Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve?
Ora do la parola a San Giovanni Crisostomo in un suo commento al vangelo di Matteo
Vuoi onorare il corpo di Cristo? Ebbene, non tollerare che egli sia nudo; dopo averlo onorato qui in Chiesa
con stoffe di seta, non permettere che fuori egli muoia per il freddo e la nudità … Quale vantaggio può
avere Cristo se il suo altare è coperto di oro, mentre egli stesso muore di fame nel povero? Comincia a
saziare lui che ha fame e in seguito, se ti resta ancora del denaro, orna anche il suo altare. Gli offrirai un
calice d’oro e non gli dai un bicchiere d’acqua fresca: che beneficio ne avrà? Ti procuri per l’altare veli
intessuti d’oro e a lui non offri il vestito necessario: che guadagno ne ricava? … Dico questo non per vietarti
di onorare Cristo con tali doni, ma per esortarti a offrire aiuto ai poveri insieme a quei doni, o meglio a far
precedere ai doni simbolici l’aiuto concreto … Mentre adorni la chiesa, non disprezzare il fratello che è nel
bisogno: egli infatti è un tempio assai più prezioso dell’altro”

All’interno della comunità è bene invitare anche tra famiglie coloro che sono nuovi, non conoscono
nessuno, italiano o straniero non ha importanza, persone che magari si trovano in solitudine o disagio: una
rete di solidarietà che smuove l’amore per il prossimo e fa famiglia
In Giovanni vediamo come il Signore lavi i piedi agli apostoli, unendo eucarestia e servizio, in un legame
imprescindibile: lavare i piedi nel non giudizio, lavare i piedi nell’ascolto, nel formare centri di ascolto, di
sostegno, per combattere non solo la povertà materiale ma anche quella spirituale, la solitudine, forme di
disagio, e di alienazione, a cui il cristiano deve poter dare una risposta. Bambini, ragazzi ed adulti vanno
aiutati a conoscere queste realtà parrocchiali, diocesane, comunitarie, e a parteciparvi, nei modi più
consoni.
Guardate che noi saremo in grado di educare gli altri alla partecipazione alla Sacra Liturgia e alla Carità
cristiana, nella misura in cui ci crediamo e viviamo tale realtà, altrimenti non saremo mai testimoni
credibili!

Catechesi, liturgia, carità. Chi meglio di Maria, Madre della Chiesa e dell’umanità, può aiutarci in questo
percorso di fede?Maria, che per prima ha ascoltato, creduto, Ostensorio vivente, Lei che ha sofferto sotto
la croce, partecipando all’opera redentrice del Figlio. la Croce, il Sangue e l’Acqua, la Chiesa che accoglie,
soffre ed offre per la redenzione del Mondo. La Madonna è la Madre della Carità, la donna per ecccellenza
dell’ascolto, della parola, della preghiera, dell’azione. Il culto mariano non è un culto a parte! Facciamo
uscire la Madonna dalla nicchia in cui qualcuno la vorrebbe delegata. Il culto mariano non è di serie b, per
vecchiette e bambini. Allora, vi propongo questa riflessione bellissima di Don Nino Pangallo, responsabile della
caritas diocesana di Cosenza

Maria è donna di carità a Betlemme nella provvisorietà del viaggio e nel calore della mangiatoia. Qui è
madre povera, ricca di tenerezza, accanto ad ogni donna, custode della vita. Maria è donna di carità nella
quotidianità di Nazaret. Accanto a Giuseppe, alleva Gesù per prepararlo alla vita e da Lui è educata. Sono gli
anni della carità concreta, lunghi anni di ascolto, disponibilità e servizio, segnati dal dono ma anche dalla
“perdita” di questo Figlio che è del Padre e delle cose del Padre deve occuparsi. Maria è donna di carità
quando osserva discreta la diffusione del regno. Gesù avanza tra discepoli, le folle lo cercano, la
misericordia è in azione. Maria è donna di carità accanto a Giovanni sul finire dell’esistenza. Il dono dello
Spirito ha ricolmato i discepoli. Essi sono ormai in viaggio sui sentieri del mondo per annunciare l’evangelo
e lei serve per amore in silenzio. Guardare a Maria è contemplare la capacità di ascolto e di azione. Maria è
sempre lì dove l’essere umano soffre e geme: dalla corsia di un ospedale alle fredde celle di un carcere;
dalle sale di attesa chemioterapiche ai giacigli dei morenti. Sempre troviamo Maria. Lei è madre e la madre
non manca mai all’appuntamento della prova dei figli. Una donna malata di cancro mi ha detto di aver
trovato serenità, mentre attendeva che l’anestesia facesse effetto, solo dal posare lo sguardo su
un’immagine della Madonna. Guardiamo a lei che piange e a piangiamo con lei; ascoltiamo con lei;
preghiamo con lei; serviamo con lei i piccoli, la chiesa ed il mondo. Continuiamo a farci con lei servi per
amore, Maria è la povera del Signore che rende ricco il mondo del nostro vero tesoro: Gesù. E noi, poveri,
riceviamo da lei il dono della Carità.https://www.avveniredicalabria.it/maria-madre-della-carita/) Mons. Pangallo

Pubblicato da Anna

Da sempre impegnata nella pastorale, catechista, mamma e studiosa di teologia spirituale e di cultura cattolica, la Vergine Maria mi ha insegnato ad amare il silenzio, la preghiera, ed a conoscere meglio suo Figlio Gesù. Consacrandomi a Lei, mi sono incamminata sulla strada che porta al suo Cuore Immacolato: nella fede cattolica, la ferma certezza che le porte degli Inferi non prevarranno contro la Santa Chiesa.