Dobbiamo mettere in preventivo che ci saranno giornate nere e ore nere. All’inizio del mio sacerdozio ho messo in preventivo le settimane nere e le settimane bianche, poi le giornate nere e le giornate bianche, e poi le ore nere e le ore bianche. A un dato momento si sono tutte mischiate tra loro, cioè si è fatto tanto nero che il bianco è scomparso, come i globuli bianchi che nel sangue neppure si vedono. Pazienza! E che importa?
Siamo qui per dare al Signore una attestazione di amore, siamo qui per dire al Signore: “Ti seguirò anche su per il Calvario. Ti seguirò anche se è notte, anche se tu non ti fai vedere, anche se non sento la gioia per quello che faccio…
A me interessa soltanto sapere qual è la tua volontà. Vuoi che io arrivi là? E va bene, stanco o non stanco, ammalato o non ammalato, non importa; io ce la metterò tutta”.<
Ebbene, anche Gesù arriva al pozzo stanco morto. Mi sembra di vederlo arrivare e dire ai suoi discepoli: “Fate un piacere: andate a prendere da mangiare; io aspetto qui, perché sono stanco! Fatemi questa carità”.
Direi che, se c’è un momento in cui dobbiamo metterci dinanzi al Signore con fede, con amore, è proprio in questi momenti di stanchezza fisica e spirituale. Sedetevi al pozzo, vicino a Gesù, andate in chiesa, rimanete là: io guarderò lui e lui guarderà me. Gli dirò: “Signore, sono stufo! Mollo tutto?”. Ma bisogna mettersi là, pensando che anche lui ha provato questo: “Padre, se è possibile, passi da me questo calice…; Padre, perché mi hai abbandonato?”. Dobbiamo provare il senso della stanchezza conosciuta anche da lui. È una delle prove d’amore che dobbiamo dare al Signore.
(M221, 5-6 del 30 gennaio 1968)