LA QUESTIONE DEI PADRINI E MADRINE

Diciamocelo chiaramente: per noi catechiste, (e per i sacerdoti), la questione dei padrini è sempre stata fonte di imbarazzo. Lavori duramente per lunghi anni e poi, accanto a quello che è anche il “tuo” ragazzo, vedi una persona che mastica il chewingum durante la Santa Messa, non fa neanche il segno della Croce all’inizio della celebrazione, e l’ultima comunione a cui ha partecipato è stata la Prima. Persona cattiva? Per carità, assolutamente…ma non adatta a quel ruolo. Però è lo zio, il fratello di, il cugino di, l’amico di…e ci teniamo tanto. E quel poveretto, catapultato in un mondo a lui (o lei)  estraneo,   “star” per un giorno, ha ricevuto il nulla osta dal parroco di residenza, che forse non ha mai visto, ma che ti dice con aria sconsolata…”ormai, se vai a vedere, non dovresti far sposare  quasi nessuno neanche in chiesa!” (così mi disse un sacerdote volenteroso, amabile, ma rassegnato). In molte diocesi dunque, si sta abrogando la figura del padrino e della madrina, vista come mera formalità, avendo perduto quel ruolo di supporto spirituale nei confronti del figlioccio per cui era stato pensato. Come operatori pastorali, dobbiamo prendere atto serenamente  di questo scivolare sempre più nella formalità, e nell’atteggiamento di  “far contente le persone”: per anni sono  state accettate persone che non avevano i requisiti, (non stiamo parlando di laurea in teologia, ma di frequentare i sacramenti, amare il Signore nella vita personale e comunitaria, nella preghiera, nella coerenza di vita), per “non far restare male le famiglie”, e così facendo è passato il messaggio che  chiunque poteva fare il padrino o la madrina, perché l’importante era far contento il ragazzo, la famiglia e tutto il parentado che vi ruota intorno. Il nulla osta era fasullo? Il sacerdote era perfettamente consapevole che quella persona non frequentava i sacramenti? “Tu digli che vai in un’altra chiesa….”, così è stato il suggerimento dato da un genitore al padrino scelto dal figlio, di fronte al timore che il parroco di residenza non gli rilasciasse il certificato…un’obiezione di fronte a cui il povero parroco non può obiettare, affidandosi alla coscienza dell’interlocutore. Di fronte a discorsi del genere, mi sono sentita replicare un giorno: “Le persone che potrebbero far da padrini e madrine sono poche, e magari, se lo sono, non piacciono ai ragazzi”. E’ stato allora che mi si è accesa una sorta di illuminazione, di fronte ad un fenomeno che si è deciso di affrontare “abolendone” la fonte (e capisco i nostri vescovi, che si sono posti il problema di tanti nulla osta pieni di….vuoto): segnalare, all’interno della comunità parrocchiale, persone di fede, che possano prendersi cura dei ragazzi, in un rapporto che vada dunque al di là di una semplice amicizia di famiglia o parentela, ma in un legame cristiano, che preveda l’impegno, da parte di questa persone, di far da punto di riferimento per le stesse famiglie : potrebbero essere le stesse catechiste a svolgere questa funzione, avviando un legame di supporto spirituale che darebbe senso a questa figura, o persone mature, indicate dal parroco, che si prendano questo impegno. Cosa comporterebbe?: parliamoci chiaramente…la maggior parte dei padrini e madrini, finita la festa, smette di svolgere  questo ruolo, per poi vedersi magari raramente, in occasione di feste o cerimonie varie, (a meno che non sia un parente con cui si ha un rapporto continuo). Nel caso dunque di persone della comunità parrocchiale, sarebbe bene comunque sentire ogni tanto il figlioccio, specie in occasione di onomastico, compleanno, e festività cristiane,  fare gli auguri, interessarsi del suo percorso di vita, una vicinanza meno “materiale” e più spirituale, come il ruolo richiede, e cosa principale, pregare per questi ragazzi che la Provvidenza ci ha affidato.  Potrebbe essere una valida alternativa all’abolizione totale e completa di questa figura, che altrimenti,  scomparirebbe del tutto: un servizio di accompagnamento a questi giovani, che la parrocchia offre per  andare al di là del discorso “festa per un giorno”, in modo che possa diventare un sereno percorso spirituale. Pensiamoci.

Pubblicato da Anna

Da sempre impegnata nella pastorale, catechista, mamma e studiosa di teologia spirituale e di cultura cattolica, la Vergine Maria mi ha insegnato ad amare il silenzio, la preghiera, ed a conoscere meglio suo Figlio Gesù. Consacrandomi a Lei, mi sono incamminata sulla strada che porta al suo Cuore Immacolato: nella fede cattolica, la ferma certezza che le porte degli Inferi non prevarranno contro la Santa Chiesa.