Preparare un pasto per tante persone richiede molto lavoro e una particolare cura ai preliminari.

Lo sanno bene tante ammirevoli massaie, che hanno fatto la storia della nostra cucina italiana. Lo sanno bene, oltre alle mamme, le nonne che oggi celebriamo con riconoscenza, capaci di mettere un piatto sulla mensa per una quantità incredibile di ospiti, anche all’ultimo momento. I preliminari, infatti, non sempre sono questione di lunghi preamboli, quanto piuttosto di uno stile di vita. Quello dell’accoglienza e della condivisione, come tratti che impregnano ogni scelta e ogni atteggiamento. Per cui la dispensa di casa ha sempre a disposizione una piccola scorta per il povero o il pellegrino di passaggio e la porta è costantemente aperta nell’eventualità di avere ospiti anche quando meno ci si aspetta. Ma soprattutto, il cuore è dilatato e la mente sveglia, ricordando che la tavola fa comunione e sentirsi in famiglia è corroborante soprattutto per chi è stanco e affamato.

La solenne scena della distribuzione dei pani per la folla alla sua sequela, che Giovanni descrive come compimento dei piccoli ‘assaggi miracolosi’ dell’Antico Testamento (cfr. 2Re 4,42-44), ha un gusto molto casalingo, per chi vive questo stile di accoglienza e fraternità. Che in realtà, dal vangelo stesso ha acquisito forza e orientamento. Gesù, infatti, si mostra come straordinario Maestro di tavola: facilmente possiamo intravedere gli esiti della scuola della Casa di Nazareth, che in lui è divenuta parabola e manifestazione del cuore dilatato di Dio.

I preliminari del segno, infatti, paiono avere radici molto antiche.

Sul luogo del racconto “c’era molta erba” (v. 10), perché al Padre Creatore era piaciuto preparare i posti a sedere con delicatezza e premura. La creazione tutta è stata ideata per accogliere nel modo migliore possibile il suo inquilino più bello: l’uomo, nella diversità maschile e femminile, ma anche di generazioni che si incontrano. La creazione è Casa Comune, ci ha detto papa Francesco, e come casa di tutti ha bisogno di essere custodita. Ci si può mangiare insieme e sempre, se impariamo l’arte domestica della parsimonia e della solidarietà, che nasce da un animo capace di gratitudine e stupore.

Di fatto, tutto quello che avviene è gratis, ed è sorprendente.

Le menti avvezze ai calcoli e allo stile dei consumatori, proprie dei discepoli più prossimi a Gesù – quelli che dovranno imparare… a proprie spese che la logica dei calcoli in Dio è un’altra – , non possono nemmeno immaginare ciò che sta per avvenire. Forse si sono dimenticati l’umile disponibilità all’ospitalità tipica delle loro famiglie ebree, ma soprattutto si sono per ora abituati a considerare Gesù un proprio piccolo e prezioso patrimonio. Difficile condividere la vita, quando si crede che la vita, se spezzata, viene perduta.

Gesù invece è di tutti, a tutti si dona, e rifugge soltanto chi dell’amore vuol farne un fantoccio da conquiste di domini terreni (“sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte” – v. 15). Il suo essere spezzato, come Pane disceso dal Cielo, si esprime nel segno straordinario della condivisione totale. Che però ha bisogno di un aiuto, da parte del più piccolo, da parte di chi nessun altro avrebbe preso sul serio: un bambino, con “cinque pani d’orzo e due pesci” (v. 9).

La sproporzione è innaturale. Rispetto all’immensità della folla (cinquemila soltanto gli uomini!), quanto c’è a disposizione appare persino ridicolo. I calcoli di mercato suggerirebbero una ritirata dignitosa. Ma Gesù ha curato bene i preliminari, seguendo l’esempio del Padre e dei genitori di Nazareth. La sua parola ha dilatato non solo il proprio cuore, ma anche quello dei commensali. Chi infatti sa rendere grazie, a prescindere e previamente, una via speciale la trova sempre.

Ringraziare è il segreto.

Ma non dopo, da galateo, bensì prima, con un moto di fiducia. Ringraziare, con il rischio di restare ancora a mani e pancia vuote, ma certi che comunque qualcuno c’è che si preoccupa per me: è l’insegnamento dell’eucaristia (che, guarda caso, significa etimologicamente ‘rendimento di grazie’). Ringraziare è strategia per non trattenere il poco che si ha, metterlo a disposizione, e ritrovarselo come centuplo di benedizione.

Questo insegna il segno di Gesù.

Che dopo aver reso grazie al Maestro di mensa, memore certamente di un altro banchetto nuziale in quel di Cana, fa distribuire. E le porzioni diventano esagerate, come è esagerato l’amore di Dio. “Una misura buona, pigiata, scossa e traboccante” (Lc 6,38): questo si riceve nel grembo e nelle mani umilmente aperte ad accogliere il dono. Il tutto per un meraviglioso intreccio tra il Cielo e il più piccolo della terra, quel nipotino che avrà certamente messo a disposizione la sua merenda perché si ricordava della generosità dei nonni quando li andava a trovare a casa.

Un ultimo dettaglio, non secondario: attenzione a non trasformare il segno che anticipa il Regno, preliminare della gratuità feconda, in un altro idolo all’accumulo consumistico, da governare con logiche capitaliste. A ciò che si riceve corrisponde un cuore grato e lieto, che a sua volta diventi un preliminare per un prossimo futuro pasto, dove chi ha mangiato diventi, questa volta, colui che offre se stesso nella mensa. Di pasto in pasto, si prepara il banchetto della Vita eterna.

Padre  Luca Garbinetto

Pia Società San Gaetano